Enzo è presente, eccome!

Intervento di Davide Prosperi alla presentazione del libro “Ho fatto tutto per essere felice” (BUR) a Modena, il 5 giugno 2021

“Enzo è stato un uomo dalle qualità eccezionali: ma noi, che siamo “normali” cosa possiamo fare? E poi, Enzo non c’è più, non c’è più da oltre 20 anni: cosa possiamo fare noi che non lo abbiamo incrociato?” Domande non solo legittime, ma frequenti.

Riproponiamo le risposte che Davide Prosperi, Professore Ordinario di Biochimica dell’Università di Milano Bicocca e vicepresidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, diede a tali quesiti nel corso della presentazione del libro di Marco Bardazzi Ho fatto tutto per essere felice. Enzo Piccinini, storia di un insolito chirurgo (BUR), lo scorso 5 giugno.

Dopo 20 anni, non è vero che Enzo non c’è più.

Perché, se siamo qui adesso, è perché c’è ancora. Noi abbiamo – come tutti – una concezione della presenza che è a volte un po’ ridotta, perché è presenza nella nostra vita quello che ci aiuta a vivere, quello che ci aiuta a crescere, quello che ci aiuta a diventare ciò per cui siamo fatti, cioè a compiere il nostro destino.

E quindi Enzo è presente, eccome!

Da questo punto di vista, le cose che ci stiamo dicendo secondo me ci aiutano a riconoscere come è presente; cioè come intacca ancora oggi la possibilità per noi di vivere fino in fondo l’esperienza che facciamo.

La responsabilità che ho nel movimento di CL semplicemente – credo – mi aiuta a vedere una cosa che vale però per tutti: questa questione del segreto di Enzo, del centro affettivo, dal punto di vista dell’esperienza umana, che è qualcosa di cui tutti hanno bisogno. E se non ce l’hanno, lo cercano.

Perché se uno non lo trova lo sostituisce con altro: perché quello di cui noi abbiamo bisogno è di essere amati: amare ed essere amati.

Enzo faceva esperienza di una preferenza. Io me lo ricordo: Giussani aveva una preferenza spudorata per Enzo, forse anche per motivi temperamentali, non lo so… ed era ricambiato, sicuramente.

Da lì, da quella preferenza, Enzo traeva la sua energia. Ma non era facilissimo, anzi… il carattere che aveva, in passato gli aveva fruttato anche altro, oltre alla preferenza di Giussani; magari qualcuno non lo sopportava…

Lui ha incontrato uno che ha saputo tirar fuori il massimo da lui. E lui c’è stato, ha seguito.

Perché poi tutti i suoi amici, che compaiono [nel libro] – molti sono anche qui –, erano tutte persone diverse. Io mi ricordo, quando facevamo certi raduni dei responsabili: non ce n’era uno uguale. Giussani era stato capace di mettere insieme gente diversa e creare un’amicizia.

Come? Ponendo quello che era la fiamma che incendiava lui, che incendiava la sua vita.

E tutti noi eravamo interessati a questo, siamo interessati a questo. Questo ci ha reso amici; questo ci ha fatto stare insieme; non il temperamento simile.

E allora mi permetto di leggere alcuni stralci di un intervento che fece don Giussani nel 2002 – Enzo non era già più tra noi, fisicamente – quando intervenne al Meeting di Rimini, perché mi aiuta ad addentrarmi su quello che voglio dire per rispondere alla domanda.

Giussani dice:

“Quello che voglio dirvi è come una rivincita più chiara e più profonda di quanto si possa pensare sulla apparente inutilità della vita, sulla apparente negatività dei progetti. La poesia più bella che c’è al mondo è quella di Dante Alighieri nel Paradiso: l’Inno alla Vergine.

Vergine Madre, figlia del tuo figlio…

Non la reciterò tutta, però credo che, se imparassimo a recitarla ogni giorno, ci aiuterebbe…

Comunque: ci sono un paio di versi, oltre a questo:

Nel ventre tuo si raccese l’amore

per lo cui caldo nell’eterna pace,

così è germinato questo fiore.

E poi più avanti:

e giuso intro i mortali

se’ di speranza fontana vivace”.

E Giussani commenta:

“Sei di speranza fontana vivace: la speranza è l’unica, l’unica stazione in cui il grande treno dell’eterno si ferma un istante. Sei di speranza fontana vivace. Senza speranza infatti non esiste possibilità di vita. La vita dell’uomo è la speranza, perciò è questa speranza che io invito i vostri occhi a guardare, i vostri occhi che sono stati indirizzati in questi giorni da tante voci sentite. Tra i mortali, tu sei di speranza fontana vivace. La figura della Madonna è proprio la figura della speranza…”.

Sulla tomba di Giussani campeggia questa frase: “O Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza”. Enzo viveva l’esperienza di questa speranza, che aveva assunto in lui, nel tempo, la concretezza di una febbre di vita. Che non tratteneva per sé, ma sentiva l’irresistibile necessità di comunicarla a chiunque incontrasse, condividendola.

“Vergine Madre”: Vergine è proprio la natura dell’Essere nella sua purità assoluta, di Creatore di tutto ciò che è. E Maria partecipa di questa natura, di questa purità. Ma proprio in questa sua purità è Madre.

Questa apparente contrapposizione: Vergine e Madre…

È Madre: Madre perché attraverso di lei l’Essere si comunica, si comunica a noi. Ha raggiunto me, ha raggiunto Enzo, ha raggiunto ciascuno di noi. Non esiste sentimento di sé compiuto, ultimamente compiuto, se non nel desiderio di partecipare di questa purità di sguardo su tutte le cose, su ogni istante, su ogni circostanza che ci è data da vivere, condividendolo con tutti quelli che ci sono dati.

Ecco: da quando si era affacciata in Enzo l’attrattiva dell’esperienza cristiana non passò istante nella sua vita che non fosse teso a spendere tutto sé stesso per questa purità. Ultimamente per realizzare nella sua vita la gloria di Cristo, come c’è scritto anche nella preghiera per la Canonizzazione.

Ma quello che voglio sottolineare ora è che Enzo aveva compreso, secondo me fino in fondo, il sentimento che don Giussani aveva raggiunto a riguardo del carisma che gli era stato donato per tutta la Chiesa.

Enzo, nella sua affezione senza calcolo, lo aveva compreso nella propria carne, prima ancora che in una razionalizzazione intellettuale dell’insegnamento ricevuto. Credo che molti – inizialmente anch’io – interpretarono questa ultima fase della vita di don Giussani come una flessione un po’ misticheggiante, verso l’ora del tramonto.

E invece io sono convinto ora – forse anch’io dovevo arrivare a questa età per cominciare a capirlo – che don Giussani avesse messo a fuoco più nitidamente il contenuto di quello che sarebbe rimasto di ciò che era nato attraverso di lui.

Tanto è vero che, un anno dopo, intervenne per l’ultima volta al Consiglio Nazionale dei responsabili di CL – era una settimana dopo il pellegrinaggio a Loreto, e lui era intervenuto anche lì – sempre citando la suddetta poesia di Dante: “La personalità della Madre di Cristo ha giocato un ruolo che ora capisco quanto sia decisivo, chiarificatore per il carisma che la Chiesa ha riconosciuto come origine del nostro cammino”.

Già qui si capisce che Giussani ha ben chiaro che il carisma che è stato dato a lui, ormai appartiene alla Chiesa, appartiene a ciascuno dei figli di questa storia.

“Nel ventre tuo si raccese l’amore per lo cui caldo nell’eterna pace”… ecco, la sicurezza della nostra speranza non è nel nostro cambiamento innanzitutto, non è nei nostri muscoli o nella nostra intelligenza… guardate: non è nemmeno nella garanzia di un’autorità illuminata. Non è in Pietro innanzitutto. È in Maria.

La contemporaneità del ventre della Madonna – Nel ventre tuo si raccese l’amore – è la Chiesa che ci raggiunge in tutta la sua forza di attrattiva umana, di chiarezza di giudizio, di sostegno nella fatica del vivere, attraverso un’amicizia che vive per questo.

La vera forza di Enzo non era la sua personalità, che anzi a volte sentiva paradossalmente quasi come un ingombro – si capisce bene leggendo il libro – ma era la coscienza della sua appartenenza a questa amicizia, alla nostra grande compagnia, attraverso la quale Cristo entra nel mondo come presenza concreta e viva.

E infatti Giussani lì prosegue:

Che questa fontana vivace di speranza abbia ad essere ogni mattina – ogni mattina! – il senso della vita immediato più mordace, più tenace che ci possa essere. Siamo amici per questo, restiamo amici. Come restiamo amici? Non possiamo essere che amici per questo. Anche nella decrepitezza dei miei anni volevo dirvi che la speranza è una – una! –, quella che ha come contenuto totale nella sua oggettività, l’imposizione che dà di sé al mondo la Madonna: Tu sei di speranza fontana vivace.

Vi auguro che abbiamo ad esser compagni, sentirci amici fino in fondo del cuore anche se non ci conosciamo direttamente. Ci conosciamo indirettamente ma ancora di più che se fosse direttamente.

Fontana vivace, vergine e madre, termine fisso d’eterno consiglio. Che roba!

Dirlo dopo 70 anni è veramente impressionante: è evidente che non esiste niente di sicuro al mondo se non in questo”.

Scusate ragazzi, ma chi vi impedisce, chi ci impedisce di scommettere la nostra vita su un’amicizia concepita in questo modo, con un orizzonte spalancato così, che può generare una cosa così [mostra il libro]?

Cosa manca a noi, cosa manca a voi che giustamente avete questa domanda, che Enzo aveva più di voi?

Una cosa, una, ha permesso a Enzo e permette oggi a ciascuno di noi di diventare come lui: la libertà.

E allora aiutiamoci ad essere liberi. Liberi fino in fondo.

Concludeva don Giussani questo suo intervento:

Amico mio, chiunque tu sia, non c’è un istante delle mie giornate in cui se penso: chissà il tale cosa farà, quella persona diversa cosa farà, cosa penserà ora, non c’è un istante in cui Cristo non entri a decidere del cuore; e così si avanzi il passo con cui noi cerchiamo di strappare al cuore di tutti gli uomini, come innanzitutto al cuore dei nostri stessi amici, quella divisione che il peccato originale ha segnato. Perché è una cosa grande – grande! – quello per cui vale la pena vivere, quello per cui vale la pena che la vita sia.

Fondazione Enzo Piccinini