Intervista alla dott.ssa Francesca Amedea Consolini
Qual è la specifica importanza dell’apertura dell’inchiesta diocesana?
L’Inchiesta informativa diocesana rappresenta un passaggio fondamentale della fase diocesana della Causa, quella nella quale si raccolgono le prove testimoniali e documentali a sostegno della dimostrazione della pratica delle virtù cristiane del Servo di Dio nonché della sua fama di santità. Anche quest’ultima è importante perché oltre a dimostrare le virtù del Servo di Dio praticate in modo eroico, è necessario che si dimostri che egli venga invocato nella preghiera come intercessore. Si inizia dunque un lavoro fondamentale per il buon esito della Causa.
A quali quesiti debbono rispondere i testimoni escussi dal Tribunale ecclesiastico?
Il testo dell’interrogatorio, formulato dal Promotore di Giustizia del Tribunale, deve rimanere segreto per ovvie ragioni, non ultima delle quali quella di favorire il rilascio di testimonianze libere da condizionamenti o prevenzioni, e perciò più affidabili. Possiamo dire che le domande riguarderanno la vita del Servo di Dio soffermandosi sulle singole virtù, teologali, cardinali, i consigli evangelici, l’umiltà e la fama di santità.
Quali criteri ha seguito nell’indicare la lista dei testimoni?
Il criterio è quello di scegliere persone che per la loro conoscenza diretta o anche indiretta del Servo di Dio possano fornire notizie utili per la Causa.
In base alla sua esperienza, che tempi si possono prevedere per il completamento della fase diocesana dell’istruttoria?
La durata dell’Inchiesta non si può assolutamente valutare né prevedere, neppure se si conosce il numero dei testimoni da escutere. Un teste, ad esempio, potrebbe aver molto da dichiarare e questo renderebbe necessario ascoltarlo non in una ma in due o anche tre sessioni. Dipende anche dal ritmo delle sessioni, se una a settimana o ogni quindici giorni ecc.
In questa fase, la Fondazione e gli amici di Enzo possono collaborare in qualche modo?
Con la preghiera e con la diffusione della figura del Servo di Dio, con iniziative o pubblicazioni in sua memoria. La fama di santità deve essere continua, persistente e anzi in incremento.
La causa di beatificazione, il cui iter si apre con l’inchiesta, tende a proporre Enzo come modello esemplare per il cristiano. Quale messaggio può dare Enzo Piccinini alla chiesa e all’uomo credente di oggi?
Enzo Piccinini fu un autentico testimone del Vangelo; è stato un uomo, un cristiano sempre in cammino, alla ricerca di un rapporto sempre più vivo e personale con Cristo morto e risorto; questo “mistero” era il senso della sua vita personale, familiare e professionale. E’ il credente che non si sente mai arrivato nel suo rapporto con Dio e con i fratelli, il credente che si rinnova ogni giorno nella ricerca autentica della verità. L’espressione tipica che ha dato anche il titolo alla sua biografia: “Ho fatto tutto per essere felice”, significa proprio questo: la felicità per il credente è vivere nelle situazioni di ogni giorno il mistero del Cristo presente vivo e risorto. Enzo Piccinini era un uomo che non si accontentava di fare bene quello che doveva fare come medico, come credente, come padre e marito, come amico e formatore; era un uomo che guardava sempre avanti nella tensione verso la sequela sempre più viva e aderente a Cristo. Questo spiega anche il suo “buttarsi” in ogni situazione; non era attivismo, il suo, ma il dinamismo cristiano stimolato dalla grazia e dallo Spirito che non dà pace e non permette di adagiarsi nei traguardi raggiunti. Enzo diceva che si può scegliere tra il vedersi scorrere la vita davanti, anche pur facendo del bene, e il vivere fino in fondo, mettendosi in discussone ogni giorno, cercando il meglio e vivendo nella pienezza del Battesimo.
Fondazione Enzo Piccinini