Chi era Enzo? Perché ha lasciato il segno nella vita di così tanta gente? Perché i video che lo ritraggono su YouTube, a distanza di 20 anni, hanno ancora decine di migliaia di condivisioni e sono tradotti in molte lingue?

“Ho fatto tutto per essere felice” (BUR Rizzoli) è un viaggio tra l’Europa e gli Usa alla ricerca di testimonianze su Enzo e di risposte a queste domande.

Ma è anche l’occasione per affrontare interrogativi più vasti e di grande attualità, in un’epoca segnata dalla pandemia. Cosa significa essere un medico? Come stare di fronte al malato con una posizione umana che non si limiti a curare la malattia, ma abbia a cuore la persona e i suoi affetti?  Come fare i conti con il dolore e la morte, in ospedale e fuori?

Domande che Enzo non aveva mai avuto paura di affrontare, in sala operatoria, in università, nella vita pubblica o in famiglia. Le risposte le aveva date soprattutto con la testimonianza della sua vita, vissuta con un’intensità che ha lasciato il segno in tutti quelli che lo hanno incontrato. Un percorso cominciato nei primi anni Settanta incontrando una proposta cristiana in un luogo improbabile: un appartamento di Reggio Emilia che riuniva varie anime del mondo giovanile post-sessantottino, inclusi alcuni fondatori delle Brigate Rosse.

Nel libro, il percorso professionale di Enzo viaggia al ritmo frenetico della sua febbre di vita, che contagiò prima l’Emilia, poi l’Italia e vari luoghi nel mondo. Una storia personale che si intreccia con la storia recente del nostro Paese e con quella del movimento di Comunione e Liberazione. Una vicenda umana segnata dall’amicizia profonda tra Piccinini e don Luigi Giussani, conclusa da una tragedia che è diventata un nuovo inizio, il seme che ha fatto fiorire una scuola di medici e ricercatori ispirati dal “metodo Enzo”.

Il libro è basato su documenti della Fondazione Enzo Piccinini, lettere inedite, testimonianze pubbliche, pubblicazioni su Enzo diffuse in varie parti del mondo e soprattutto decine di interviste dell’autore ad amici, colleghi, familiari di pazienti del chirurgo, in Italia e all’estero. Tante voci raccolte nel corso di un anno segnato dal Covid, che ha offerto nuovi spunti di riflessione su ciò che l’approccio di Enzo alla medicina e alla vita può offrire ancora oggi a chi desideri per sé un’esistenza caratterizzata dalla scelta di “mettere il cuore in quello che si fa”.

L’autore

Marco Bardazzi, giornalista, saggista e comunicatore d’impresa, ha lavorato per Ansa, La Stampa ed Eni in Italia e negli Stati Uniti. Nel 2021 ha fondato la società Bea-Be a Media Company. Per Rizzoli ha scritto altri tre libri: “Sotto il Cielo d’America”, “Nella Vigna del Signore” (una biografia di Benedetto XVI) e “L’Ultima Notizia” (con Massimo Gaggi).

www.marcobardazzi.com

Marco Bardazzi

Ho fatto tutto per essere felice

Enzo Piccinini, storia di un insolito chirurgo

A ventidue anni dalla morte di Enzo Piccinini, mentre è in corso il processo di canonizzazione, Marco Bardazzi ci restituisce con questa biografia la passione e l’impegno della vita di questo straordinario medico.

In un giorno di maggio del 1999, settemila persone affollarono
la basilica di San Petronio a Bologna e la piazza antistante
per dare un ultimo saluto a Enzo Piccinini, chirurgo dell’ospedale Sant’Orsola scomparso tragicamente a 48 anni. Ma chi era questo giovane medico che era stato in grado di lasciare così profondamente il segno in talmente tante vite?

Chirurgo sui generis per gli anni in cui si avvia alla professione, Piccinini crede fermamente nella necessità di occuparsi dei pazienti in tutta la loro umanità: preoccupandosi dei loro affetti e aiutandoli di fronte al dolore e al timore della morte, come parte del proprio mandato. Una convinzione nata durante gli studi, destinata
a crescere negli anni attraverso l’amicizia con Luigi Giussani
e l’impegno nel movimento di Comunione e Liberazione, che lo porta ad accostare all’attività medica, riconosciuta nel mondo,
un instancabile lavoro di educazione e testimonianza per i più giovani. Oggi, la sua opera vive in una scuola di medici e ricercatori ispirati dal “metodo Enzo”, e nelle persone che lo
hanno conosciuto e ancora portano il segno di quell’incontro.
Una vita unica, che ha portato la Chiesa a proclamarlo “servo
di Dio” e ad avviare un processo di canonizzazione.
Ho fatto tutto per essere felice è un racconto emozionante che insegna cosa significa vivere, come diceva Enzo, “mettendo
il cuore in quello che si fa”.

In libreria dal 18 Maggio 2021

È possibile acquistare il libro presso questi rivenditori ed in ogni libreria in tutta italia

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Ho incontrato di nuovo Enzo, il mio amico “venerabile” nel tour de force dell’infinito

L’altro fatto che non conoscevo e che mi ha commosso è la corrispondenza tra Enzo e Fiorisa durante il fidanzamento. Si tratta di brevi brani di lettere scritti con grande finezza e sensibilità, pieni di un amore vero, fatto di sentimento e di giudizio, che cerca conforto e correzione.

Enzo […] come risulta dalle lettere a Fiorisa, lo sapeva fin dai vent’anni che era un «capopolo» e un «egocentrico». Aveva la coscienza chiara della difficoltà nel cammino verso l’ideale cristiano. Confessava il bisogno della «verifica con altre persone (quelle del Movimento) senza voler a tutti i costi emergere». Una coscienza così a vent’anni nei dialoghi con la fidanzata è veramente rara. Enzo era un grande.

In Enzo si dimostra che la natura profonda dell’intelligenza è affettiva, sorgente dalla sequela a Giussani e alla compagnia da lui originata. Bardazzi rimarca e documenta che Enzo cercava continuamente la correzione, che, attraverso un paragone gioioso o sofferto, è comprensione delle cose e fonte di un’azione certa e indomabile.

Storia del medico che ha scoperto che la felicità è una cosa seria

La crescita professionale del Piccinini chirurgo accompagna infatti i sempre più numerosi impegni nel Movimento. Il racconto del metodo costruito da Enzo nell’affronto del paziente, fusione italiana di interdisciplinarietà appresa in America, talento cristallino e passione per la ricerca, prende nel libro una sconvolgente attualità a causa del covid: momento insopportabilmente dilatato in cui è più difficile trascurare la domanda altrimenti obliata su cosa siano la vita, la morte, la salute, la medicina, il dolore.

Il cuore del libro e forse nei dialoghi con Giussani, più volte raccontati in pubblico da Piccinini e divorati da tanti su alcuni filmati di YouTube, ma qui legittimati e vivificati.

Il più clamoroso evento della vita pubblica di Piccinini e forse un’operazione complicatissima compiuta su una paziente ritenuta inoperabile. […]

Perché il rischio, nel racconto di Bardazzi, non è un azzardo sbruffone, né una prova di baldanza superomistica. Piuttosto la certezza riposante e battagliera che si può combattere sapendo che l’esito non è in mano d’uomo. Che la felicità per cui vivere non è frutto dell’assenza di sbagli, ma di un cuore semplice e inquieto da tuffare nel mondo.

Doveva avere in mente uomini così Flannery O’Connor, quando, con una pugnace traduzione del Vangelo di Matteo, scrisse: “Il cielo è dei violenti”.

Piccinini, fare il medico per incontrare la felicità

Ben singolare destino quello di Enzo Piccinini, classe 1951, figlio di coltivatori, segnato ad appena 14 anni dalla morte, sotto ai suoi occhi, di un fratello. Ragazzo instancabile e appassionato, che forse per un istante corse il rischio di bruciare nel terrorismo la sua ansia di vita e di giustizia.

Piccinini si laurea, segue un primario, ne fa il suo maestro, ma presto capisce che è un cinico.

Il giovane medico abbandona il maestro; ne cerca altri, anche se dirà poi “chi mi ha insegnato a fare il medico è Giussani”. Non la tecnica certo, ma lo sguardo: il paziente è prima di tutto una persona.
Ma se poi curare non basta, il paziente era per lui uno a cui stare accanto fino all’ultimo. I testimoni raccontano che a chi stava morendo quel medico diceva, da fratello, che “tornare da Dio non è un male”.

Un libro, questo, da regalare agli studenti di medicina, perché si chiedono quali medici vogliono essere, e anche ai primari e ai luminari, perché si domandino quali medici sono diventati.

I preti di Reggio Emilia e il mancato brigatista Beato

La storia del chirurgo Piccinini, nei suoi anni giovanili, apre riflessioni importanti. Enzo Piccinini incontra a Reggio Emilia i futuri cofondatori delle brigate rosse, Alberto Franceschini, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene e gli altri, frequentando tra il 1969 e il 1970 il celebre “Appartamento” dove si ritrovavano. Quella generazione è segnata da i drammi della guerra civile e si divide tra percorsi diversi. […] Piccinini proprio dentro l’Appartamento incontra il cristianesimo e sostiene che la risposta al suo bisogno di giustizia sociale era quella: non Marx, ma Gesù Cristo.

Per troppo tempo è passato in secondo piano il contributo dato alla Resistenza da tanti partigiani cattolici e monarchici, spesso aiutati da preti e suore.

Vita di un chirurgo felice

Un uomo proclamato servo di Dio dalla Chiesa, che fece della sua professione, la chirurgia, esercitata nell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, la grande arena in cui sperimentare la sua umanità. Piccinini anticipò di anni quello che oggi viene studiato e praticato da molti giovani medici: la cura medica come accoglienza dell’umano a 360 gradi, perché è semplicemente assurdo credere di poter curare una persona senza accoglierla profondamente presso di noi.

Persona intesa non solo, dunque, come ingranaggio di carne che deve essere riparato, ma come creatura irripetibile, con un patrimonio di storia e amore assolutamente unico. Piccinini anticipò di anni questa particolare forma di empatia unita alla medicina non per obbedienza a una avanguardia teoretica da inseguire, ma come profondissima adesione al sentimento cristiano, che fa del corpo dei malati il luogo dove sperimentare la nostra compassione.

[…]

Il libro di Bardazzi vince la scommessa più difficile, riesce, infatti, a restituire la vitalità di un uomo affamato di alterità, capace di trovare soluzioni laddove gli altri vedevano soltanto muri invalicabili.

[…]

Vivere obbedendo a ciò che ci chiama da dentro, senza alterazioni possibili. Un traguardo che raggiungono in pochi, pochissimi. Tra di loro, senz’altro, c’è Enzo Piccinini, uomo, medico, che viveva la felicità degli altri come la somma della sua felicità.

Un Brano del Libro

Dal Capitolo 2

«Novità?»

La chiamata arrivava a qualsiasi ora del giorno e della notte. La voce era sempre la stessa, vigorosa, impaziente, senza accenni di stanchezza. E il dialogo cominciava con una parola che era diventata una formula fissa: «Novità?». L’esordio telefonico con cui Enzo sfidava tutti quelli a cui voleva bene. Come dire: «Che è successo nel mondo, nel tuo mondo, nella tua vita? Mi interessa, è decisivo anche per la mia!».

Non importa se, come raccontano praticamente tutti quelli che lo hanno conosciuto, era stato con te fino a poco prima. Poteva averti salutato alle due di notte, dopo una serata bolognese e gucciniana passata a discutere di politica e di amicizia, accompagnata da buon cibo, buone bevute e sigari toscani, e alle sette già squillava il telefono: «Novità?».

C’era chi, con voce impastata dal sonno, sentiva la tentazione di raccontargli almeno un sogno appena fatto, sentendosi quasi in colpa per non avere esperienze significative da condividere avvenute nel corso della notte.

Ma c’era anche chi a quella domanda, ripetuta più e più volte nel corso della giornata, aveva sempre qualcosa da rispondere. Erano i giovani medici del suo team al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, che di «novità» ne avevano sempre qualcuna, giorno e notte. Perché in quel 1999 in cui Enzo li avrebbe lasciati per sempre erano ormai diventati un punto di riferimento per centinaia, migliaia di persone a livello nazionale.

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