S. Messa XXV Dies Natalis Enzo Piccinini

S. Messa in occasione del XXV Anniversario del Dies Natalis di Enzo Piccinini celebrata da S.E. Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola e Vescovo di Carpi, nel Duomo di Modena

Domenica 2 giugno 2024

Omelia di S.E. Mons. Erio Castellucci

Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola e Vescovo di Carpi

“Questo è il mio sangue dell’Alleanza, versato per molti”. Mancavano in realtà alcune ore al versamento di sangue, che sarebbe accaduto il giorno dopo sulla croce. Gesù lo anticipa, simbolicamente, nel segno del vino, dando dunque un senso nuovo al convivio pasquale dove, nel racconto dell’ultima cena, non c’è più l’agnello, perché l’agnello è Lui, Lui di persona, quell’agnello atteso, celebrato, quell’agnello mangiato ormai da più di dodici secoli dagli ebrei in ricordo della liberazione dall’Egitto.

Quell’agnello non è più rappresentato da un animale, ma da una persona: la persona di Gesù, col Suo sangue versato per molti. Mi colpisce che questo sangue sia versato anche per Giuda. Abbiamo qui nel pontile proprio una rappresentazione di questa scena dell’Ultima Cena, dove Gesù sta proprio mettendo il pane in bocca a Giuda. Questo sangue è versato anche per lui.

Gesù sapeva già che Lo avrebbe tradito, perché il Suo sangue è versato anche per chi tradisce. E al Suo fianco c’è Pietro, e Gesù sapeva già che Lo avrebbe rinnegato, perché Lui versa il sangue anche per chi Lo rinnega. E lì vicino ci sono Giacomo, e Giovanni nell’atteggiamento di reclinare il capo sul Suo petto. Non è ancora il discepolo perfetto, nemmeno lui. Poco prima aveva discusso con suo fratello e insieme avevano chiesto a Gesù di poter essere posti uno alla destra e uno alla sinistra della Gloria, facendo arrabbiare gli altri dieci. E lì c’è anche Tommaso – sono tutti identificabili perché ci sono i nomi vicino agli apostoli –, Tommaso che pochi giorni dopo avrebbe dubitato, non avrebbe creduto alla testimonianza degli altri dieci che dicevano “Abbiamo visto il Signore”. “Voglio vederlo anch’io, le sue mani, il suo costato”. Versa il sangue anche per lui, che dubita.

Questo sangue non si versa su persone selezionate, non si versa sui migliori: questo sangue è versato sui molti, sulla moltitudine, cioè su tutti. È versato su chi tradisce, su chi rinnega, su chi cade in preda a degli arrivismi, su chi dubita. Questo sangue è versato su tutti. Perché chi ama non fa selezione dei destinatari. Chi ama, semplicemente si offre. Chi ama versa il suo sangue, cioè impiega tutte le proprie energie per le persone che incontra, per quelli per i quali è chiamato ad offrirsi.

Questo sangue versato: l’unica risposta possibile è versare il nostro sangue, cioè rispondere con tutte le fibre del nostro essere alla Sua offerta. Purtroppo, Giuda sta a dimostrare l’estrema libertà del Maestro nei confronti dei discepoli, la libertà drammatica dei discepoli nei confronti del Maestro – ogni relazione educativa è l’incontro di due libertà –.

Purtroppo, Giuda ha deciso di versare il suo sangue non come atto d’amore, come risposta all’atto d’amore del Maestro, ma come atto di egoismo, di disperazione, nella persuasione che l’amore del Maestro fosse inferiore al proprio peccato. Questo spesso è il grande peccato: presumere che i nostri errori coprano la misericordia di Dio. Nasce la disperazione. Giuda versa il proprio sangue non come risposta, ma come atto di estrema ribellione. Ma Pietro, Giacomo, Giovanni, Tommaso e tutti gli altri, risponderanno col loro sangue, di martiri o di testimoni, fino in fondo. Questa è la risposta al versamento di sangue di Gesù: il Signore chiede che la nostra risposta sia dare la vita. Il sangue per gli ebrei è la sede della vita. Il sangue per un ebreo è quello che noi cristiani chiamiamo anima, è la vita che scorre. Dare il sangue prima di tutto non vuol dire morire: vuol dire partecipare la propria vita ad altri, far vivere altri. In circostanze estreme, quando è richiesto dalla situazione, può voler dire anche rinunciare alla propria vita: allora è versare il sangue, come ha fatto Gesù. Ma sempre per amore, non per fanatismo, non per disperazione, non per ribellione: sempre per amore.

Enzo era una persona sanguigna. Certamente era una persona che ha preso sul serio l’offerta del proprio sangue da parte di Gesù e ha risposto con il suo fortissimo carattere dando il proprio sangue, cioè letteralmente spendendosi, con impeto, con profondità, con trasporto, a volte con impulsività; sempre per la causa di Cristo.

Ciascuno con il proprio carattere, a volte più mite, a volte più forte, più rude, è chiamato a rispondere a Cristo perché il vero peccato è proprio l’indifferenza, il vero peccato è quel silenzio, quella anemia spirituale che, davanti all’offerta della vita del Signore, risponde con uno sbadiglio, con un assenso stanco, con una scrollata di spalle.

Tutti siamo chiamati a rispondere col sangue, cioè dando la vita, impegnando la nostra passione, coinvolgendo l’intelligenza, il cuore, gli affetti nella risposta a Cristo. Le modalità cambiano ma l’atteggiamento è comune: a Colui che ha versato il Suo sangue per noi, per amore, si risponde dando ogni giorno la nostra vita, là dove siamo, nel quotidiano, nelle cose di ogni giorno, senza necessariamente atti eroici, richiesti forse ad alcuni ma non a tutti. Dare il sangue nel quotidiano, amare profondamente là dove siamo, con la passione di chi sa che il Signore non è secondo a nessuno nell’offrirsi. Ci aiuti Colui che ha versato il sangue per Giuda, per Pietro, per Giacomo, per Giovanni, per Tommaso, per tutti gli altri, a non essere mai indifferenti davanti al Suo amore, a non sbiadire il nostro cuore, a non cadere nell’anemia spirituale.

Il Signore ci ispiri la più grande grazia verso persone che, come Enzo, sono chiamate a trasfondere il loro sangue, a fare delle vere e proprie trasfusioni di sangue, a donare in quel corpo di Cristo che è la Chiesa, a donare ad altri la passione di credere e aderire a Cristo, quando questa passione diventa troppo tenue. Questi sono doni di Dio: i doni di Dio sono sempre scomodi, ma sono degli autentici regali.

Fondazione Enzo Piccinini