Enzo ci ha fatti diventare amici
I volontari alla mostra del New York Encounter
“Abbiamo fatto così poco per far sì che tutto questo accadesse, ma è stato veramente tanto quello che ha generato!”
Luke, uno dei componenti e amici del team che ha lavorato alla mostra per il New York Encounter “Enzo Piccinini: Surgeon, Son, Father, Friend” ha iniziato così il suo intervento di giudizio sul lavoro, durante un incontro “finale” su Zoom in cui tutto il team ha riflettuto su cosa hanno significato per ciascuno gli ultimi sei mesi di lavoro. Quello che ha detto Luke è stato ripreso e condiviso da tutti, perché niente in questi mesi è stato più chiaro del fatto che “Qualcun Altro” stava lavorando con loro al progetto.
Dagli States, a conclusione del New York Encounter 2023, la presenza viva di Enzo Piccinini è emersa con chiarezza, sia attraverso la mostra che attraverso l’uscita del libro di Marco Bardazzi, tradotto in inglese da Matthew Henry e Caterina Poggi, e pubblicato dall’editrice Slant Books di Gregory Wolfe (per la cronaca: copie esuarite!).
“Durante il lavoro sulla mostra – spiegano a turno coloro che l’hanno realizzata – è diventato evidente che non stavamo curando la biografia di un uomo, ma stavamo mostrando qualcosa che stava accadendo ora, oggi, tra di noi. Avremmo potuto limitarci a raccontare la storia di Enzo; invece, abbiamo raccontato la storia di come fare questo lavoro ha cambiato la nostra vita: il che è molto più significativo”.
Il gruppo newyorkese è rimasto molto colpito dal fatto che alcuni amici personali di Enzo, tra cui due delle sue figlie, abbiano viaggiato dall’Italia per vedere la mostra e incontrare i curatori. “Non sono venuti – proseguono – per scoprire qualcosa sulla vita di Enzo (ne sanno molto di più loro di quanto sia stato rappresentato nella mostra!), ma per vedere come la sua testimonianza ha cambiato la vita di persone come noi che non lo hanno mai incontrato”.
“Abbiamo prestato attenzione a ciò che stava accadendo“, aggiunge Caroline. “Siamo partiti ciascuno con la propria idea su come fare questo lavoro, ma quell’idea l’abbiamo cambiata in base a ciò che vedevamo accadere di fronte a noi – e grazie a Dio che l’abbiamo fatto! La mostra è stata sempre gremita di persone non per la dimostrazione di chissà quale determinazione o capacità di sintetizzare le informazioni su Enzo, ma perché abbiamo risposto a ciò che avevamo di fronte. Ed è così che vorrei sempre vivere: che il punto di partenza sia quello che ho di fronte, non la mia idea“. Un altro risultato sorprendente della mostra è stata la nascita di nuove amicizie. “L’ultima cosa che avrei voluto quando abbiamo iniziato il lavoro era di aggiungere alla mia agenda l’ennesima riunione Zoom. Invece non è mai stato un sacrificio partecipare: la cosa più affascinante è infatti quello che è successo tra noi a causa di Enzo Piccinini”, ha commentato Christine.
“Come è possibile che ognuno di noi, così diverso e in una situazione così differente, possa dire che questo lavoro sembrava fatto apposta per sé? Che sia stato così decisivo per ciascuna delle nostre vite?”, aggiunge Nick.
“Questa mostra illustra perfettamente che lavorare insieme genera comunione. Sono grato per tutti questi nuovi amici che ora ho“, ha detto Joe.
Alberto, uno dei pochi nel team che ha conosciuto Enzo Piccinini in vita, è rimasto particolarmente colpito dal fatto che la maggior parte delle persone si siano dedicate al lavoro per la mostra pur non avendolo mai incontrato: “Per me, il fatto che le persone cambino conoscendolo a distanza di 20 anni dalla sua morte è ancora più impressionante che se potessi fare ora un’escursione in montagna con lui. Ecco perché è stato bello stare alla mostra: perché si vedevano persone colpite e cambiate di fronte a qualcosa di eccezionale.”
Spesso le cose da fare per la mostra, il lavoro dietro le quinte, erano in conflitto con i compiti e le nostre responsabilità quotidiane. Quello che abbiamo scoperto, però – commentano tutti – è che donandoci a qualcosa di più grande, ci siamo trovati più felici. Questa esperienza è forse meglio riassunta in una citazione di Enzo Piccinini presente nella mostra: “È una gratitudine che caratterizza la mia vita, quindi non ho paura di donarla, di darla tutta“.
Fondazione Enzo Piccinini