Intervento di S.E. Mons. Erio Castellucci

“Il sigillo dell’Infinito”

Fondazione Enzo Piccinini

Grazie è anche la mia prima parola per questo invito per questa bella iniziativa e per l’esperienza che c’è dentro, che emergerà tra poco.

Pensavo, ringraziando gli organizzatori, salutando Fiorisa (moglie di Enzo Piccinini, n.d.r.) e il suo papà Eliseo, e tutti voi, pensavo che “IL SIGILLO DELL’INFINITO, percorso poetico-musicale” potrebbe essere il titolo della nostra vita. La nostra vita porta il sigillo dell’infinito, questa sete di pienezza che si manifesta quotidianamente negli avvenimenti della vita, tristi o anche sereni, gioiosi. Ma c’è sempre una sete di qualcosa di più. Il “di più” è il sigillo dell’infinito: noi non ci accontentiamo mai. Sant’Agostino diceva che il nostro cuore è inquieto, fino a che non riposa in Dio. Questo è il sigillo dell’infinito, è l’impronta che il Signore ha messo nel nostro cuore. Noi non ci accontentiamo mai.

Detto in positivo, si chiama speranza, progetto. Noi abbiamo una sete che supera sempre l’acqua che riusciamo a bere. E questo è ciò che crea in noi una nostalgia di infinito e che crea un tracciato nella nostra vita, la quale può diventare un “percorso poetico-musicale”.

La nostra vita può respirare momenti di fatica (ne abbiamo vissuti tutti), di dolore, a volte anche di dramma o di tragedia, che sono le varie forme della letteratura e della poesia. (La nostra vita) può respirare momenti molto forti, a tinte cupe, come se suonassero degli strumenti musicali con note molto gravi- percorso musicale- ma può respirare anche momenti di bellezza, di gioia di percezione dell’amicizia, di gratificazione negli affetti. Sono i momenti della sinfonia, delle note piene, sono i momenti della musica bella e rilassante. La nostra vita è un percorso che attraversa tutte queste note, questi timbri, questi generi letterari.

Credo che Enzo (Piccinini) li abbia toccati tutti. Anch’io, come diceva il Presidente (della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi, il dott. Corrado Faglioni intervenuto all’inizio dell’evento per un saluto) non conoscevo la figura di Enzo prima di arrivare a Modena, se non per sentito dire da qualche studente di Medicina della mia Diocesi di origine, che è Forlì. Poi seppi della sua improvvisa morte, ma non avevo approfondito la figura fino a quando, a Modena, ho incontrato gli amici della Fondazione (la Fondazione Enzo Piccinini), Fiorisa e mi sono documentato leggendo, guardando anche alcuni video. E ho pensato: è un uomo che ha toccato tutte le note, che ha percorso tutti i generi letterari, perché è un uomo. E’ l’umanità di Enzo che colpisce e che ne costituisce il tessuto della santità. Non si può essere santi senza essere pienamente uomini e donne. Allora la santità sarebbe un abbellimento della soffitta, mentre il Signore vuole edificare la casa.

La santità è la pienezza dell’umano. Era già stato intuito addirittura due secoli prima di Gesù, in quella folgorante affermazione di Terenzio, il commediografo latino: “Sono un uomo e credo che nulla di ciò che è umano mi sia estraneo”.

(L’umano)… che trova la sua pienezza in Gesù: nulla di ciò che è umano è stato estraneo a Gesù. Gli è stato estraneo l’egoismo, il peccato; ma questo è precisamente ciò che rende disumani. La santità è il dare ossigeno a tutte le fibre del nostro umano. E’ l’umano che incontra la sofferenza, incontra la gioia e ne fa sempre occasione di crescita.

L’entusiasmo di Enzo, il suo carattere forte, il suo attraversare tutte le esperienze sempre con grande senso di pienezza, richiamando, e quasi direi, esprimendo questo sigillo verso l’infinito, questo è il percorso poetico-musicale che è la sua vita stessa, questa è la santità.

In fondo il Signore, come dice papa Francesco, ci chiede di essere di essere uomini e donne normali. Il fatto è che siamo tutti un po’ anormali nel percorso, a volte stoniamo in questa sinfonia, in questo percorso musicale. Ma la nostra umanità non si arrende se si consegna a Cristo, addirittura riusciamo a recuperare anche le ferite se ci consegniamo a lui, se viviamo dentro la comunità che è la Chiesa.

A me pare che sia uno dei messaggi che Enzo ci ha lanciato e continua a lanciare. Non dobbiamo pensare che la santità sia una questione di piedistalli e di aureole. Abbiamo a volte neutralizzato la forza dei Santi, mettendoli nella nicchia. La santità è una questione di espressione dell’umano, è il vivere profondamente l’umano come opportunità che Colui che si è fatto carne ci dona ogni giorno.

Io mi metto in ascolto e vi auguro un buon ascolto, e auguro a me, perché ne ho molto bisogno, e a voi, che forse ne avete bisogno pure, un cammino di santità.