“Ti ho preso come mio”, una mostra che risveglia il cuore della nostra scuola

Durante la festa di fine anno delle scuole gestite dalla Cooperativa sociale “La Carovana” di Modena, un momento speciale ha toccato il cuore di alunni, insegnanti e genitori: l’allestimento della mostra “Ti ho preso come mio“, dedicata alla figura del Servo di Dio Enzo Piccinini. La mostra, itinerante e promossa dal Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, ha trovato nella nostra scuola un luogo particolarmente significativo.

Un gruppo di genitori e insegnanti ha voluto fortemente portare questa mostra a scuola, quasi spinti da un’urgenza condivisa: riscoprire le radici vive dell’opera educativa di cui La Carovana è frutto. La scuola è infatti nata nel 1979 proprio sull’onda di un’ispirazione di Enzo Piccinini: uomo appassionato, medico chirurgo, padre di famiglia e protagonista di un’esperienza cristiana totalizzante.

Non è stata una semplice esposizione, ma un incontro vivo. Attraverso immagini, testimonianze e parole, la mostra ha raccontato la vita di un uomo per cui l’incontro con Cristo non è stato un fatto privato, ma un’energia capace di generare opere, amicizie, una passione contagiosa per il destino degli altri. E proprio così è nata la nostra scuola: da un amore all’uomo così radicale da voler offrire un’educazione che abbracciasse tutta la persona.

Un incontro che continua a generare

In tanti – maestre, professori, alunni e genitori – hanno visitato la mostra. E molti si sono trovati stupiti, commossi, interrogati. Per alcuni è stato il primo incontro con la figura di Enzo Piccinini; per altri, un’occasione per approfondirne la testimonianza. Ma per tutti è stato un risveglio: una riscoperta delle radici della nostra scuola, non come un ricordo del passato, ma come una chiamata presente.

Tanti sono stati toccati dalla visita, colpiti dalla riscoperta della propria umanità, di quel desiderio profondo di felicità che muove ogni gesto, come diceva lo stesso Enzo:

“Viviamo tutta la vita per essere felici”.

La mostra ha suscitato domande vere: “Cosa mi muove ogni giorno?”, “Perché insegno?”, “Cosa desidero per mio figlio?”, “Come affronto il mio lavoro, il luogo in cui vivo?”

Domande che possono nascere solo quando si percepisce che la vita è molto più grande di ciò che sembra.

Le bellezza di un incontro cristiano

Questo evento ci ha ricordato che il cristianesimo è innanzitutto un incontro: qualcosa che accade, che ti prende e ti cambia, come recita un pannello della mostra:

L’unica cosa che sveglia è un incontro. Cosa serve alla gente, cosa serve ai miei figli, ai vostri figli quando li avrete, o se li avete, cosa serve? Che ci sia una presenza, gente guardando la quale ci si accorge che ciò che desidera il cuore c’è. Anche se lo tradiranno mille volte, c’è. C’è bisogno di una roba così”.

E quando questo accade, genera una compagnia nuova, un’umanità nuova, un’opera nuova.

Per questo l’esperienza della mostra non finisce con la sua chiusura. Rimane come seme nel cuore di chi l’ha vissuta, desiderio di andare più a fondo, di guardarsi con occhi nuovi, di costruire con una passione rinnovata.

Il passaggio della mostra a La Carovana ha riaffermato il desiderio di una scuola che non sia solo luogo di istruzione, ma ambiente generativo, in cui la bellezza della vita, dell’amicizia, della scoperta venga continuamente alimentata. Una scuola in cui educare significa condividere un destino, come Enzo ha vissuto con chiunque ha incontrato.

La testimonianza di questo incontro vivo si può ritrovare anche nei pensieri lasciati da bambini e adulti in un quaderno posto al termine del percorso della mostra. Pagine scritte con semplicità e profondità, in cui ciascuno ha voluto fissare ciò che ha toccato il cuore, segno che quell’incontro – reale, presente – continua a generare.

“Enzo, un amico carissimo” – L’incontro che ha reso viva la memoria

Nel solco aperto dalla mostra, si è svolto l’incontro pubblico intitolato “Enzo, un amico carissimo”, con la partecipazione di due ospiti d’eccezione: Don Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena e vescovo di Carpi, e Anna Rita Piccinini, quarta figlia di Enzo, oggi chirurgo al Sant’Orsola di Bologna e madre di quattro figli.

Don Erio: “Un uomo vivo”

Con una chiarezza disarmante, Don Erio ha sottolineato ciò che più colpisce nella figura di Enzo: la sua attualità. “Per la Chiesa, la morte è un ponte, non un muro. Enzo è un uomo vivo” – ha detto – “perché la santità è una presenza che continua a generare“. Il vescovo ha motivato così anche la decisione di aprire la causa di beatificazione nel 2020: “Non celebriamo un eroe del passato, ma riconosciamo un uomo la cui vita continua a toccare il cuore della gente“.

Interrogato su cosa unisca fede, famiglia e lavoro, Don Erio ha offerto una riflessione centrata sull’interiorità: “L’unità nasce quando Cristo diventa il centro del nostro sguardo. È lui che impedisce la frammentazione della nostra vita”. Una tensione continua verso il bene, “fortemente antidepressiva”, l’ha definita, perché tiene accesa la speranza e spinge a perdonare, ad amare, a costruire.

Anna Rita: “La gratitudine che diventa responsabilità”

Anna Rita Piccinini ha parlato con autenticità e profondità del legame con suo padre e dell’impronta che la sua figura ha lasciato nella sua vita. La perdita improvvisa di Enzo nel 1999, proprio mentre lei iniziava gli studi in medicina a Bologna, è stata per lei un dramma, ma anche – misteriosamente – un’occasione di salvezza: “Qualcuno mi ha preso per mano. Ho conosciuto, dentro quel dolore, il bene che ha salvato mio padre. E ha salvato anche me”.

Questa gratitudine, ha spiegato, si è trasformata in un desiderio concreto di restituzione. Nonostante i mille impegni, ha scelto di contribuire alla costruzione della scuola Il Pellicano di Bologna, nata con lo stesso spirito della Carovana: “Mi interessa imparare a vivere come Gesù Cristo. E questo passa anche attraverso l’educazione”.

Un’eredità viva, dunque, che non è fatta di parole, ma di una posizione nuova: “La vita è unita solo dentro un rapporto di figliolanza, quando rispondi a qualcuno, e la vera pienezza si trova nel dono di sé.

Custodire e rilanciare

Chiudendo l’incontro, Don Erio ha immaginato cosa direbbe oggi Enzo osservando ciò che è diventata la scuola: “Direbbe: ‘Che bello!’ Non per ammirare, ma per la bellezza di una vita che si dona”. E ha invitato tutti a non accontentarsi, ma a vivere ogni proposta educativa come risposta a una chiamata più grande.

Anna Rita, infine, ha rivolto un messaggio ai genitori: “Questa scuola porta un ideale grande. È una strada, un’amicizia, un cammino che non ti lascia mai solo“.

Una gratitudine che genera

Come recita un pannello della mostra:

“È una gratitudine che caratterizza la mia vita, e non ho paura di darla tutta”.

È questo il filo rosso che ha attraversato l’intera festa della scuola: dalla mostra, all’incontro, ai volti degli insegnanti e dei genitori. Una gratitudine che si fa responsabilità, compagnia, costruzione. E che continua, ogni giorno, a far vivere La Carovana come un’opera viva.